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Questo modello è il più grande costruito dall'ALCEDO, è stato superato solo dal 66 MAGNUM della CarGem che pesava 850 grammi.
La meccanica è spettacolare, a mio parere in quaranta anni di attività come riparatore di mulinelli, ho smontato migliaia di esemplari di qualsiasi marca e nazionalità ma posso affermare senza ombra di dubbio che meccanismi di questa qualità sono rarissimi, direi unici.
Grazie alla complicità dell'amico collezionista Paolo Aimettti, ho potuto mettere a confronto quelli che fino ad oggi erano stati censiti come un'unica versione differenziata esclusivamente per la forma della targhetta oppure dal colore. Purtroppo disponendo dei soli esemplari rappresentati in foto, mi limiterò ad esporre quanto rilevato e rimando a altra data una migliore e più approfondita esposizione che in ogni caso riguarderebbe esclusivamente le diverse colorazioni.
Per ulteriori informazioni, vi rimando alle pagine dedicate a questo modello presenti nel capitolo ALCEDO del primo libro dell'amico Silvano Baraldi.
Come mia abitudine, quando possibile, metto sempre a confronto quando si presenta l'occasione due esemplari anche se apparentemente uguali per scoprirne eventuali difformità soprattutto delle parti meccaniche interne quelle che la maggioranza dei collezionisti trascura in quanto la quasi totalità delle classificazioni si è fermata all'aspetto esteriore e senza tenere quasi mai conto che all'interno vi sono altrettante variabili mai prese in considerazione.
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Vedi anche il manuae di manutenzione. |
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L'esemplare con la targhetta a forma di ondine a mio parere è la versione originaria di questo modello; molteplici indizi mi hanno portato a questa conclusione. Partiamo proprio dalla targhetta, questa è stata fissata al carter nella maniera arcaica, quella usata nei primi modelli prodotti dalla casa Torinese, ovvero presenta due piedini metallici che ripiegati ne vincolano la posizione. Nella successiva invece, verranno ridimensionati ed usati esclusivamente per la centratura della piastrina la quale risulta ora incollata (vedi foto).
L'archetto è stato completamente rivisto, in effetti non presenta più il gancetto" di sicurezza per lenza, non ha più il guidafilo in metallo ma in agata e la staffa di fissaggio dell'eccentrico alla girante si è trasformata da un semplice ancoraggio meccanico a regolatore dell'imbobinamento. In effetti venne sfruttato sapientemente l'innesto a coda di rondine esistente per realizzare una slitta che consentisse lo scorrimento in direzione assiale a piacimento del guidafilo governato da due grani (viti senza testa); il braccio dell'eccentrico infine è stato modificato, adesso la sua forma ad "L" sporge di ulteriori quattro millimetri verso l'esterno.
La meccanica: l'automatismo è stato notevolmente modificato evidentemente avevano rilevato dei difetti soprattutto originati, a mio parere, dalla scelta dei materiali. Veniamo ai dettagli, la corona principale in acciaio è stata semplificata evitando la lavorazione di alleggerimento che si nota nella foto di sinistra, il gruppo riduttore nella parte alta, che in origine era composto da due ingranaggi a denti inclinati di alluminio, diventeranno un accoppiamento ottone-alluminio ( molto più scorrevole). La stessa sorte toccherà all'ingranaggio slitta (quello che aziona l'alberino), dalla realizzazione "tutto in alluminio", passa ad un abbinamento bronzo-ottone sicuramente più affidabile e robusto del precedente. |
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Fissaggio delle targhette |
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Fissaggio dell'eccentrico |
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Dettaglio guidafilo |
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Guidafilo prima e dopo |
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Renzo Di Paolo - Giugno 2018 |
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